domenica 12 dicembre 2010

giù le mani dalla scuola pubblica

 Cari colleghi, carissimi studenti siamo in lotta per contrastare  quella che viene
mediaticamente definita una “grande riforma” ma che di fatto è un durissimo attacco all’attuale assetto della scuola italiana. Ritengo per questo necessario richiamare
la vostra attenzione su alcune questioni chiave, attorno alle quali si giocherà, nei
prossimi anni, la capacità della scuola pubblica di adempiere al mandato assegnatole
dall’art. 3, comma2, della Costituzione.
Oggi più che mai la rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno esercizio
della cittadinanza non può che configurarsi come la priorità assoluta per ogni
comunità professionale.
Il ruolo della scuola, infatti, si gioca sul terreno della cittadinanza, cioè sulla capacità
di formare donne e uomini capaci di governare la propria esistenza. Il che
vuol dire, educare al rispetto delle regole e delle persone, alla consapevolezza dei
propri diritti, a interpretare i processi sociali, economici e scientifici in atto, ad usare,
in contesti diversi dalla scuola, le conoscenze e le competenze apprese a scuola.
Formare mentalità critiche, capaci di risolvere problemi, abituare al dubbio,
all’imprevisto, alla curiosità e, contemporaneamente, sviluppare un pensiero razionale
e scientifico, capace di confrontarsi con la dimensione storica e con ogni
aspetto dell’espressività umana, è compito fondamentale della scuola, tenuta a far acquisire quei saperi cosiddetti di cittadinanza indispensabili oggi per vivere, lavorare,
continuare a studiare.
Siamo però dell’avviso che si sia pericolosamente rinunciato a dibattere e a confrontarsi sulle finalità del nostro sistema scolastico, sulla sua organizzazione, su che cosa sia utile insegnare e sui modi
per insegnarlo. E che si sia rinunciato a trovare le soluzioni più opportune per
combattere dispersione e abbandoni, oltre che per innalzare i livelli di apprendimento.Questa fantomatica
riforma irrompe nella scuola al di fuori di un qualsiasi progetto culturale-educativo.
Occorre invece  rimettere la scuola stessa in sinergia con le grandi questioni
del mondo contemporaneo. L’universalizzazione degli scambi, la globalizzazione
delle tecnologie, lo sviluppo della società dell’informazione e della comunicazione,
moltiplicare per gli individui le occasioni di accesso al sapere.
Ne consegue che è necessario apprendere di più e meglio a ogni livello ed
età e che è necessario ripensare profondamente alle conoscenze che servono alla
 scuola.
Alla luce di queste istanze culturali e sociali, la scuola  avrebbe dovuto
vedere una riforma complessiva e organica di tutto il suo assetto ordinamentale,
con una nuova articolazione del suo impianto culturale, il rinnovamento dei
modi di insegnare e apprendere, alcune nuove finalità educative.
Sarebbe stato quindi doveroso e utile un dibattito preliminare sui nodi di fondo,
una convergenza di intenti e propositi nelle soluzioni da adottare che invece sono
stati del tutto assenti.
Che cosa vuol dire oggi cultura
“disinteressata”? Qual è la cultura che
serve a formare cittadini consapevoli? Quali conoscenze sono fondamentali? Che cosa
comporta in termini di impegno morale e professionale l’innalzamento dell’obbligo
di istruzione?  Con quali politiche sociali e territoriali si possono contrastare
dispersione e abbandoni? Come accogliere e integrare bambini e ragazzi
non italiani? Quali investimenti, quali risorse umane ed economiche servono alla
scuola?
Questi erano i nodi da affrontare!
Le scelte del governo e di questa maggioranza di destra invece sono state fatte senza confronto alcuno, senza
verificare le esperienze positive delle scuole, senza pensare alla sostenibilità delle soluzioni che stanno per essere adottate.
In pochi, ignoranti ed arroganti, a decidere il destino di tanti. Nessun confronto parlamentare.
Nessun confronto con il mondo della scuola. Nessun dibattito nel Paese. Mortificato il ruolo degli Enti locali e delle Regioni.
Dissolta l’autonomia delle Istituzioni scolastiche.
Ci troviamo di fronte a cambiamenti che hanno come prevalente obiettivo il
drastico risparmio di spesa nei riguardi della scuola pubblica a tutto vantaggio di quelle private: la
cittadinanza e la democrazia sono diventate un costo insostenibile per il nostro Paese.
Ma non c’è solo questo: c’è in gioco anche un disegno volto a riproporre una visione sociale che segnerà profonde divisioni tra cittadini “pensanti” e cittadini “consumatori”. Funzionale a una simile prospettiva è, infatti, una scuola strutturata gerarchicamente.Una scelta ingiusta che ha l’obiettivo di “smistare” i
più deboli verso un canale privo di contenuto culturale e di dubbia efficacia formativa.
L’idea è sempre la stessa: selezionare ed escludere più che si può, senza offrire
alcuna possibilità di recupero  agli alunni che più ne hanno bisogno, privando anche ai più bravi e meritevoli figli del popolo l'accesso ai più alti livelli professionali attraverso la quasi abolizione delle borse di studio e di qualsiasi altro tipo di sostegno al pieno esercizio del diritto allo studio
Per questa strada, il Paese è destinato al declino: civile, culturale e democratico;
a restare fanalino di coda nelle sfide internazionali, nello sviluppo produttivo,
nella ricerca e nella innovazione.
E mentre l’Unione Europea, l’Ocse e Bankitalia dicono che bisogna investire di
più in conoscenza, l’Italia fa il percorso inverso: taglia drasticamente risorse,
tempo scuola, insegnanti, torna indietro sull’età dell’obbligo di istruzione e prepara
un sistema di istruzione che per l’organizzazione didattica e le indicazioni
di contenuti che propone, abbasserà il profilo culturale della popolazione. Non
solo: proprio perché chiude gli occhi sul futuro di tanti ragazzi, proprio perché canalizza
e separa precocemente contribuirà a dividere ulteriormente la società,
creando nuove e più forti disuguaglianze.
Per questo è urgente che la scuola si riappropri della sua funzione di emancipazione culturale e sociale. Tutte
le esperienze didattiche caratterizzate da spirito di inclusione, da innovazione
metodologica e didattica e da cooperazione professionale devono essere rimesse
sapientemente in campo, sfruttando ogni possibile spazio di autonomia scolastica.
La democrazia di un Paese si misura anche dalla qualità del suo sistema di istruzione
e formazione.
Oggi in Italia sta pericolosamente circolando l’idea che la qualità sia favorita
dal taglio di risorse. Non è accettabile.
A una scuola secondo Costituzione occorrono invece elaborazione e pensiero,
finalità e obiettivi condivisi, investimenti a lungo raggio: sull’edilizia scolastica,
sul diritto allo studio, sulla professionalità docente, sull’autonomia didattica e organizzativa, sulla ricerca e sperimentazione. Elaborazione e investimenti capaci di restituire alla scuola pubblica le finalità e i compiti
che le sono attribuiti dalla nostra carta costituzionale. E' ora che tutta la comunità scolastica si riappropri del protagonismo professionale e culturale necessario per alzare la testa e far sentire la
loro voce in questo momento così difficile per la vita della scuola e del Paese, e che solidarizzi e sostenga la sacrosanta battaglia che stanno conducendo in questi giorni gli studenti italiani.

Giù le mani dalla scuola pubblica