lunedì 25 novembre 2013

martedì 12 novembre 2013

Principi e linee metodologiche generali del processo di apprendimento- insegnamento del giovane calciatore


“ Principi e linee metodologiche generali del processo di apprendimento- insegnamento del giovane calciatore“( parte centrale delle lezioni tenute al corso master di Pisa Calcio 4D) Curato da Raffaele Di Pasquale docente di Scienze Motorie ed Allenatore UEFA PRO Gioco e calcio, binomio che vede privilegiare la parola gioco e quindi l’aspetto ludico, rispetto alla parola sport intesa nel senso stretto del termine (dal Francese – desport: svago; attività fisica eseguita secondo determinate regole in forma di competizione individuale o collettiva e tendente, perlopiù, a fini agonistici ). Per il bambino il gioco è una “ cosa seria “, del quale non può fare a meno per la sua crescita fisica e intellettiva. Le sue esperienze sociali e materiali, direttamente collegate al suo sviluppo, scaturiscono essenzialmente dal gioco, attraverso l’accomodamento e l’assimilazione ( mutuo adattamento del bambino e l’ambiente) e la locomozione intesa come movimento del proprio corpo nello spazio e nel tempo. Quindi il gioco ha un grande ruolo nella vita del bambino e risulta determinante sulla strutturazione e lo sviluppo degli schemi motori di base. Il gioco-sport rappresenta quindi uno strumento efficace per avviare il bambino all’attività motoria attraverso un percorso di conoscenza e di esplorazione di se stesso (schema corporeo), del mondo esterno (tempo – spazio ) e del movimento ( educazione e sviluppo delle capacità senso-percettive, degli schemi motori di base e degli schemi posturali). Per ottenere questo si deve agire attraverso un processo che vede il bambino soggetto del gioco e quest’ultimo strumento per raggiungere gli obiettivi prefissati. Gioco quindi, anche se posto sotto varie forme, da quello di esplorazione, a quello spontaneo, fino ad arrivare al gioco di regole e quindi all’approccio al gioco del calcio vero e proprio. Circa due secoli fa, il poeta tedesco Schiller, definiva il ruolo fondamentale del gioco, non solo per i bambini, ma per gli esseri umani di ogni età asserendo che “l’uomo gioca solo quando è uomo nel significato più pieno del termine ed egli è interamente uomo solo se gioca”. I bambini hanno bisogno di avvicinarsi gradualmente allo sport, passando attraverso il gioco associato all’educazione motoria, al gioco-sport vero e proprio, sottolineando i concetti di lealtà sportiva e abituandoli al confronto leale seppur ricco di competizione. E’ importante quindi che gli Istruttori, ovviamente congiuntamente a quanti hanno a diverso titolo tale responsabilità, ridiano al gioco un posto centrale nella formazione dei bambini, affinché questi abbiano una infanzia fertile di sogni e spensieratezza, che li possa preparare adeguatamente per vivere con serenità e gioia l’età della fanciullezza e dell’adolescenza. Del resto la fascia di età compresa tra i 5 ed i 10 anni , non lascia dubbi su tale affermazione e sul compito delicato a cui conseguentemente è chiamato l’Istruttore. Questi, quale figura di riferimento e principale regista/conduttore del gioco, deve rispettare il ritmo di apprendimento dei bambini/attori, senza pretendere anzitempo determinate azioni o movimenti (performance), anche perché le caratteristiche dinamiche del calcio, legate al repentino cambiamento delle situazioni di gioco, richiedono continui adattamenti e quindi capacità decisionali che hanno bisogno di tempo per concretizzarsi ( strutturazione e sviluppo dei processi cognitivi – elaborazione dell’informazione – azione finale ). Le attività devono essere quindi improntate sia sulla strutturazione e lo sviluppo della capacità di gioco, ma anche sulla sana e leale competizione, sul desiderio innato che hanno i bambini di confrontarsi e di giocare se l’attività proposta risulta interessante e stimola curiosità. Tutti aspetti questi ultimi che hanno come filo conduttore la motivazione, in quanto è senz’altro quest’ultima che rappresenta l’elemento che produce e sostiene l’azione del bambino a questa delicata e complessa età. Sarà quindi compito dell’Istruttore trasformare la motivazione intesa come interesse e voglia di fare, in risultati tangibili, ovvero nel miglioramento delle capacità ed abilità motorie. E’ necessario quindi partire dall’osservazione dei propri bambini mentre giocano ed individuare, in relazione alle caratteristiche degli stessi ( requisiti strutturali e funzionali ) e della loro spinta motivazionale, gli elementi da modificare per proporre e sviluppare dei giochi progressivamente più complessi ( dal facile al difficile – dal semplice al complesso – dal globale all’analitico), con situazioni-problema da risolvere e che stimolino l’interesse e la fantasia, insegnando loro in modo “mascherato” gesti, movimenti, situazioni, che probabilmente risulterebbero difficili e “pesanti” da far acquisire se pretesi in modo diretto e con schemi rigidi ( ripetizione sistematica del gesto tecnico e/o di situazioni globali di gioco). Sarà importante, soprattutto nel primo anno di attività, cioè quando i bambini si trovano di fronte ad una novità, verificare come questi reagiscono agli stimoli che ricevono, cercare di capire ed interpretare i loro atteggiamenti. Ogni bambino proviene da una realtà propria, da un proprio “background” socio-familiare ed il suo comportamento ne è la diretta conseguenza. Sarà differente l’approccio di un bambino spinto dal genitore ex calciatore, rispetto a quello avvicinatosi spontaneamente perché magari lo ha provato a scuola nel Progetto-Sport, piuttosto che al giardino pubblico del paese con altri coetanei. Un Istruttore deve necessariamente tener conto di tutti questi aspetti, saper valutare le diverse situazioni che gli si presentano e, per non risultare impreparato, dovrà programmare sempre le sue attività in funzione di queste problematiche. Una scelta metodologica richiede comunque di seguire una progressione didattica ben precisa che, sulla base di una programmazione, porti al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Nell’attività di base l’Istruttore deve educare le capacità senso-percettive, gli schemi motori e posturali per trasformarli in un secondo momento ( con periodicità estremamente variabile da bambino a bambino ) in abilità motorie complesse (fondamentali di gioco ) che richiedono la strutturazione e lo sviluppo delle capacità motorie. Nel calcio la tattica ( intesa come la capacità di scegliere l’azione o la soluzione migliore in relazione alla situazione contingente di gioco) deve prevalere sulla tecnica ( che definisce le modalità precise per eseguire un gesto tecnico, un movimento) e da tale considerazione emerge l’importanza di un approccio globale e dinamico d’insegnamento, che privilegi l’incertezza e la variabilità del gioco in situazioni di gioco comunque reali e riconducibili quindi a quello che verosimilmente accade in campo durante una partita “vera”. Le proposte, variando dal semplice al complesso ed adattate alle caratteristiche dei singoli bambini e del gruppo nella sua totalità, dovranno ad esempio mettere in condizione i bambini di padroneggiare con gradualità il dominio della palla (fondamentale di gioco molto amato dai bambini ed espressione dell’innato egocentrismo) per poi, superato il problema legato al controllo della palla (ricezione del passaggio prima e poi gestione della palla), focalizzare la propria attenzione sulla scelta del dove e come superare l’avversario per poter andare al tiro. Volendo sintetizzare alcune indicazioni metodologiche da seguire e finalizzate allo sviluppo dei processi cognitivi e delle conseguenti azioni, movimenti e scelte che il bambino dovrà conseguire nella sua progressione didattica di assimilazione, l’Istruttore dovrà aver cura di:  sviluppare una progressione dell’insegnamento, dal semplice al complesso, dal facile al difficile, dal globale all’analitico, privilegiando in tale contesto la tattica (cosa, dove e quando) alla tecnica (in che modo);  presentare esercizi che sviluppino la capacità di scelta e che prevedano situazioni di gioco incerte e variabili, anche se comunque riconducibili a momenti di gioco-sport reali;  creare situazioni di disturbo ambientale, finalizzate ad aumentare l’attenzione dei bambini al gioco a scapito dell’esecuzione corretta e guidata del gesto tecnico (inizialmente il risultato positivo di un movimento è da preferire perché comunque fortifica il bambino dal punto di vista emotivo e della gratificazione, avendo poi quest’ultimo tempo per affinare la tecnica );  scegliere esercizi stimolanti e dall’esito incerto, attraverso i quali calamitare l’attenzione dei bambini che fisiologicamente tendono facilmente a distrarsi e si concedono diverse “pause riflessive” all’interno di una lezione;  ridurre progressivamente tempi e spazi a disposizione per l’esecuzione di gesti e movimenti, creando in tal modo le condizioni per accelerare i processi mentali e predisporre le basi affinché in un momento successivo il gesto tecnico possa essere automatizzato perché “completamente interiorizzato”. L’importanza di una corretta metodologia e di una progressione didattica adeguata al gruppo di bambini a disposizione, è indispensabile in un gioco come il calcio che, con caratteristiche di dinamicità e di situazioni variabili, passa senza soluzione di continuità attraverso le seguenti tre fasi:  Attacco;  Difesa;  Transizione Attacco – Difesa e viceversa. Uno dei problemi più evidenti che si trova ad affrontare un bambino che si appresta a giocare una partita ( soprattutto a livello di piccoli amici, magari principianti, ovvero alle prime armi, dove il ritmo di gioco risulta frenetico e generalmente dominato dalla confusione a causa della presenza in campo di 10 bambini), é legato al riconoscere ed integrarsi alla mutabilità delle situazioni di gioco. Capita ogni tanto di vedere bambini che, disorientati dalla repentina conversione attacco-difesa, situazione normale nel gioco del calcio, ma che rappresenta una fase critica delle partite, perdono i punti di riferimento e magari realizzano un “magnifico auto-goal”. L’Istruttore deve quindi insegnare a capire il gioco attraverso situazioni reali, mettendo in condizioni il bambino di assumere una decisione e produrre una azione giusta per la situazione-gioco in atto. Non importa se il tiro o il passaggio inizialmente risulteranno sbagliati o tecnicamente mal eseguiti, ci sarà tempo per migliorare tali abilità mentre solo ponendo le basi per “capire il gioco“ attraverso le situazioni, si potrà consentire al bambino di farle proprie, interiorizzarle e di riviverle ogni volta che entra in campo e riuscendo ad adattare le proprie scelte al mutare delle situazioni.